La F.U.C.I., Federazione Univesitaria Cattolica Italiana, nata nel 1896 dall’unione di circoli universitari cattolici esistenti in alcune città d’Italia, è una aggregazione ecclesiale di gruppi di studenti universitari che, negli anni dello studio e della formazione, vogliono percorrere insieme un cammino di fede e di crescita culturale, vivendo un’esperienza di Chiesa nel solco della tradizione centenaria della Federazione

venerdì 15 aprile 2011

incontro del 14 aprile 2011

DONNA, DIRITTO E FAMIGLIA

Cominciamo da Napoleone. Il “Codice civile” del 1804, da lui fortemente voluto, ha stabilito la possibilità di ricorrere al divorzio. Fin qui, grande lungimiranza nel consacrare un istituto così importante. Se non fosse che esso costituiva un rimedio straordinario, in cui si dava come presupposta e assodata la disparità di posizioni fra la moglie e il marito. Costui poteva chiederlo solo a seguito della denuncia di adulterio; la moglie invece, avrebbe dovuto scoprire il marito in atteggiamenti a dir poco intimi con l’amante, nella casa familiare.

Queste posizioni sono molto conservatrici, a dire il vero; ben poco “francesi” o comunque rivoluzionarie (ricordiamoci del 1789 e del 1791). Tornando indietro di dodici secoli circa, incontriamo i Longobardi, quella popolazione di stirpe germanica che ha invaso la nostra penisola. La loro civiltà era alquanto primitiva; prova ne sia che non esisteva una raccolta di leggi fino a che Rotari non si decise ad emanare l’”Edictum” (643), un’opera che raccoglieva le consuetudini longobarde. Già questo fatto merita attenzione e interesse, perché non è poi così scontato che il Re di un popolo dai costumi non molto evoluti, si prenda la briga di realizzare un florilegio di quel tipo assicurando, attraverso la messa per iscritto delle consuetudini, una maggiore garanzia di certezza ed efficacia del diritto. Fu davvero un’operazione lungimirante.

Venendo ad analizzare l’Edictum per quello che ci interessa, scopriamo che la civiltà longobarda non prevedeva assolutamente dei diritti a favore dei soggetti più deboli, come i bambini e le donne.

Quest’ultime in particolare erano soggette alla potestà del padre, e ne uscivano per poi essere di nuovo sottomesse a quella del marito, attraverso il matrimonio (o meglio, più una compravendita, che un matrimonio come lo possiamo immaginare noi).

Il genitore della sposa assegnava alla figlia un corredo nuziale; in cambio, il marito le faceva un dono (“morgengabe”) in cambio della sua illibatezza. Certo, quest’ultima caratteristica del rito, non è che un modo per controbilanciare l’assoluta soggezione della donna nei confronti del marito: ella non può né amministrare né decidere alcunché. Oltretutto lo sposo, se lo vorrà, potrà ripudiarla o prendersi delle concubine.

Questa condizione di assoluta sottomissione della donna nei confronti dell’uomo di turno, verrà smussata e ammorbidita dalle innovazioni di Liutprando, che modificherà le consuetudini regolanti famiglia e matrimonio, mediante l’applicazione degli istituti derivanti dal cristianesimo.

Prima di tutto è fatto divieto di porre una concubina accanto alla moglie; poi il matrimonio non avverrà più attraverso la “desponsatio” e conseguente “traditio” della donna, ma attraverso il rito della “subarrhatio cum anulo”, che prevedeva il consenso espresso della sposa al momento dello scambio degli anelli. Oltre a questo, la donna poteva anche disporre di un terzo dei propri beni, se ne avesse fatto dono “pro anima mea”.

Appare chiaro che le innovazioni di Liutaprando risollevano la dignità della donna, gravemente offesa dalle statuizioni dell’Edictum del 643. Infine, per quanto riguarda il glossatore Vacario, occorre inquadrare la società del XII° secolo.

All’interno di essa, lo spirito combattivo di Magister Vacarius aveva dato alla luce un’opera di carattere teologico, dal titolo “Summa de matrimonio”. Con essa, voleva evidenziare la sua concezione sull’elemento determinante per la validità delle nozze. Secondo lui, esso è costituito dalla “traditio”, e non dagli sponsali o dalla copula. Pertanto, pur vivendo cinque secoli dopo il Re dei Longobardi, in questo senso, il Magister non si è fatto certo portatore di una innovazione giuridica, anzi. La volontà, la libertà, l’autodeterminazione della donna ne esce molto ridotta, se si segue la sua opinione, dato che già con Liutprando ella doveva esprimere il consenso al momento dello scambio degli anelli.

Sono passati sessantuno anni dalla data di pubblicazione del Codice civile di Napoleone; siamo in Italia e abbiamo fra le mani il Codice del 1865. Tutte le disposizioni che ci interessano ruotano intorno a un concetto: sottomissione della moglie alla potestà maritale.

Mi sembra non ci sia altro da aggiungere; anche questo codice si fa portatore di un retroterra culturale che non lascia molti margini di autonomia all’universo femminile, ma anzi, gli assegna, come nel caso del marito, una persona che le faccia da custode.

La nota più interessante però è che il codice civile del 1942 non si distanziò molto da queste impostazioni, difatti il marito poteva sbirciare nella corrispondenza della moglie (palese violazione della privacy!), oltre ad esercitare la sua potestà (art.144) e ad adempiere ai suoi doveri verso la consorte (art.145). Si può assistere quindi a una sostanziale compressione dei diritti della personalità, individuati nella dignità della consorte, e in una mancanza di parità fra marito e moglie.

Questa situazione può reggere, normativamente parlando, per soli sei anni, fino a quando non entra in vigore la Costituzione, che pone le basi per un rovesciamento dello status quo. Successivamente, con le leggi 151/1975, 898/1970 e 194/1978 i primi due libri del codice civile (“Delle persone e della famiglia” e “Delle successioni”) subirono un sostanziale mutamento.

Davvero la “contemporaneità” non sempre è sinonimo di pieno sviluppo socio-giuridico. Neanche vale il contrario: un pieno sviluppo socio-giuridico non è sinonimo di “contemporaneità”.

Basti pensare che le innovazioni di Liutprando sono state molto più “progressiste” ed efficaci in ordine a una seppur parziale riabilitazione della dignità femminile, di quanto non lo sia stato il Codice del 1865 e il successivo del 1942, nella sua stesura originale.

Il fatto è che in temi di così grande rilevanza sociale e sociologica, nonché politica, le innovazioni in senso migliorativo corrispondono profondamente a un comune sentire piuttosto radicato (almeno nelle fasce della popolazione più istruite). E’ quindi evidente che per giungere a riforme che fondino sempre più la libertà e l’autodeterminazione della donna, non sono sufficienti i cambiamenti delle maggioranze parlamentari: a queste si deve affiancare un forte e più possibile comune pensiero sociale.

Altrimenti, il rischio grande è che la legge si ponga al di là delle stesse pretese, degli stessi desideri dei cittadini chiamati ad osservarla.

Stefano Nannini

mercoledì 6 aprile 2011

in preparazione al Convegno di Reggio Calabria...

Il Convegno Nazionale è ormai alle porte (12 - 15 Maggio). Esso rappresenta il momento più alto della vita della Federazione tutta, il momento in cui le storie ed i cammini dei singoli gruppi si ricompongono ad unità nella cornice nazionale, il momento in cui si sperimenta il carisma più prezioso dell'essere in FUCI: l'amicizia. Ci piace ricordare leparole che Giovanni Battista Montini rivolgeva ai fucini del suo tempo, ma in fondo anche a noi, proprio in merito alla partecipazione ad un Congresso.

"Invito al Congresso. Al Congresso di Trieste.

Un invito suppone un’offerta.

Quale offerta presenta la Fuci a coloro che invita al suo Congresso Nazionale?

Quella di interrompere le vacanze?

Quella di svegliare la placida indolenza estiva con tutto un subbuglio di idee, di programmi, di attivitàà?

Quella di turbare la ormai serrata preparazione agli esami?

Quella – ohimè! – di un viaggio lungo e incomodo a proprie spese strazianti?

Quella d’una solita accademia di discorsi gonfiati?

Sono queste, queste ed altre consimili, le domande, che possono presentarsi a molti che non hanno il fervore dei veri fucini, o che sono disposti a considerare ogni manifestazione collettiva altrettanto priva di adesione ideale e spontanea, quanto ricca di pingui trasferte.

No, l’invito della Fuci non è un invito a pranzo. Non offre comodità e vantaggi per i calcolatori mediocri. Anzi, sotto questo aspetto di utilità materiale, l’invito è una domanda, non è un’offerta. E’ un appello allo spirito di sacrificio. A quello spirito di sacrificio che fa dello studente povero un ricco signore: terza classe, pane e uva, gambe buone e (perché non dirlo?) faccia tosta hanno permesso ad uno studente fiorentino l’esplorazione artistica di tutta la Sicilia, nel 1924, in occasione del Congresso di Palermo. Ma stiamo pure al concetto di invito-offerta.

Che cosa offre il Congresso di Trieste ai suoi partecipanti?

***

Qui non si parla del programma. Si parla dello spirito del Congresso. Il Congresso presenta la sua offerta spirituale.

Non faccio che copiare un brano da una lettera d’un fucino: «occorre dire che non andiamo a Trieste a fare dell’accademia o del turismo; occorre persuadere tutti i nostri che a Trieste andremo per vivere. E che il vivere per noi non è un manifestazione qualunque, fosse pur quella d’una religiosità sentimentale, ma espressione d’una intima indivisibile unità; vita uguale a preghiera – studio – sofferenza. La letizia di quei giorni non sarà neppure essa fine a sé stessa, ma testimonianza d’una sana e forte tempra cristiana».

Offerta dunque d’un’incomparabile intensità di spirito. Di spirito giovanile, forte e cristiano. Offerta d’uno di quei momenti rari e memorabili n cui la nostra vita giovanile può raggiungere nella realtà la sua ideale pienezza. Questo ce lo dicono gli anziani degli altri Congressi; questo si può dire alle matricole come promessa per questo prossimo Congresso.

Offerta perciò di grande spirituale vantaggio ai singoli partecipanti. E si possono aggiungere a questo vantaggio altri non minori.

Offerta di amicizie. La Fuci, non dobbiamo mai stancarci di pensarlo e di ripeterlo, ha nell’amicizia larga, molteplice, sincerissima, edificante, una caratteristica manifestazione, e una sua forza originale. Chi pensa ad un Congresso come ad un incontro e una festa nazionale di amici, voglio dire di giovani profondamente solidali, non solo in alcuni interessi particolari, ma in tutto il modo di pensare, di lavorare, di credere, di pregare, di combattere, di gioire, di vivere, indovina il segreto di questa adunata.

E con l’amicizia, la forza. La forza di sapersi molti a volere e a faticare; la forza di stringersi in molti intorno ad alcune idee lucide e vere; la forza di sentirsi fucini.

Così l’offerta aumenta e acquista il valore d’una iniziazione ad una concezione completa della vita cattolica, iniziazione che può essere determinante nello sviluppo educativo delle nostre coscienze.

***

E la concezione, che sarà affermata ad ogni fase del nostro Congresso, è quella che scopre nel cattolicesimo la soluzione dei problemi umani urgenti ed eterni, e che impegna per soluzione l’ingegno, l’opera, il cuore, la vita.

Così il Congresso nella magnifica sede di Trieste può risuonare appello alla gioventù italiana a prendere coscienza e fiducia d’altissimo destino spirituale.

Questo è l’invito, questa è l’offerta.

I generosi comprendano ed accettino. Ed intervengano!

(G. B. MONTINI-Azione Fucina, 17 agosto 1930)

incontro del 24 marzo 2011


La donna nell’associazionismo cattolico: La figura di Luigia Tincani

"Il primo bisogno naturale dell'uomo è il bisogno di conoscere. Questa è la "umana fame", come la chiama Dante, fame giusta e buona". Luigia Tincani

1901-1909: A Bologna consegue il diploma di maestra e insegna alle elementari. Frequenta l’ambiente domenicano e fa professione nel Terz’Ordine. Sente la chiamata alla consacrazione a Dio.

1910: A Messina si occupa degli orfani del terremoto, con Don Orione. Qui scopre i suoi poveri, i poveri di verità e di amore.

1912: A Roma frequenta l’Università. S. Caterina da Siena le è madre e maestra. P. Ludovico Fanfani O.P. è suo direttore spirituale.

1914: Dà inizio al Circolo Universitario

Femminile Cattolico Romano, primo nucleo femminile della Fuci che collabora poi con la Fuci maschile del giovane Monsignor Montini.

1916: Si laurea in pedagogia con la tesi "Azione intellettuale del Maestro secondo S. Tommaso". Insegna pedagogia nella Scuola Normale.

1924: Nasce a Gubbio l’Unione S. Caterina da Siena, Pio XI le dà il nome di Missionarie della Scuola. Viene nominata madre superiora di questa Unione.

1925: La Tincani si laurea in filosofia all’Università Cattolica del S. Cuore di Milano. A cominciare da questi anni riceve vari incarichi, coopera alla crescita del laicato cattolico e dell’associazionismo, alla valorizzazione della donna e alla formazione delle religiose.

1926-1938: Dà il via all’apostolato per le universitarie nei pensionati che apre a Milano, Roma, Palermo, Bologna.

1939: Fonda a Roma l’Istituto Universitario pareggiato di Magistero Maria SS. Assunta per le Religiose, oggi Lumsa.

1962: Accoglie con fede l’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II°. Lo vive con gioia e

partecipazione.

1976: 31 maggio, festa della Visitazione di Maria a Elisabetta, Luigia Tincani muore.

1987: inizio della Causa di canonizzazione della Serva di Dio.

2000: conclusione dell'inchiesta diocesana.

Vie e strumenti per una formazione integrale

Avendo intuito le emergenti esigenze del suo tempo, Luigia Tincani vi rispose con prontezza e lungimiranza, puntando al cuore del problema: restituire il primo posto alla dignità della persona curandone la formazione alla cultura, al retto giudizio, alla libertà. Si mise perciò a servizio della chiesa e della società: fondando una congregazione di insegnanti che andassero nella scuola pubblica di ogni ordine e grado; avviando in campo cattolico molte attività a livello romano e nazionale; istituendo in Roma l'Istituto Universitario Maria SS. Assunta, oggi Libera Università, con la specifica finalità di “ favorire l'approfondimento delle discipline umanistiche, riconoscendo alle stesse un ruolo fondante per ogni qualificata formazione culturale e scientifica”; “ promuovere l'educazione integrale della persona, secondo i principi del Cristianesimo nella tradizione cattolica “.
Un carisma alle soglie del terzo millennio
Il carisma che Luigia Tincani avverti nei primi decenni del secolo, come fermento e impegno irrinunciabile, non appare oggi inattuale, né scaduto di valore. Nell’epoca della tecnica ad ogni costo e di teorie e prassi che tendono a ignorare il concetto di trascendenza, si impone un esigente ritorno ai retti valori dell’intelligenza e dello spirito, per riportare la persona – anche attraverso l’approfondimento delle scienze umane – alla sfera che le è propria.
Offrire la possibilità di potersi migliorare nella vita, soprattutto attraverso una formazione legata alla conoscenza, è quella strada illuminante di cui oggi la società ha più bisogno.

per ulteriori riferimenti i suoi scritti e altre informazioni si possono trovare sul sito


Serena Capodicasa

incontro 18 marzo 2011

relazione in fase di elaborazione...